Segni di Pace

SEGNI DI PACE

Biblioteca Gambalunga Rimini

Dal 7 giugno, presentazione ore 17.30

Poster progettati dagli studenti nel corso

Graphic Design 1- LABA Rimini

Docente MariaCristina Serafini

Nel mondo, non lontano da noi, dentro la vecchia e civile Europa, imperversa la barbarie di una guerra. Dentro una biblioteca – nella Biblioteca Gambalunga di Rimini – tredici manifesti, prodotti in una accademia d’arte, non hanno altra funzione se non di essere una silenziosa, “impotente” testimonianza di un desiderio di pace. In quella loro “impotenza”, nella “inutilità silenziosa” della loro presenza, sta la loro dimensione poetica, espressiva. Non sono “messi in mostra”, non si mostrano nella retorica autoreferenziale di una “esposizione”. Sono pensieri di pace, segni visivi adagiati su scaffali di libri; anzi si confondono e dialogano con i libri, che da sempre sono i più naturali, autentici, segni di civiltà.

      Di fronte alla guerra, l’arte appare impotente, appunto “appare”, “sembra” impotente. In fondo, è stata inutile anche Guernica: la drammatica protesta di Picasso, – il suo schierarsi contro la dittatura franchista e contro il bombardamento nazista del 1937 -, non ha certo impedito che, due anni dopo, scoppiasse la seconda guerra mondiale. Ma quell’urlo e quella colomba sono rimasti simboli perenni radicati nella nostra memoria collettiva, nelle nostre coscienze, e ci ricordano che ogni guerra rinnova le stesse antiche atrocità: morte stupri fame rovine. Anche questa volta, alla sofisticata tecnologia di armi sempre più distruttive e stupidamente “intelligenti”, si somma l’antica “guerra del pane”, l’arma atavica e barbara della carestia.

      Con occhi giovani, gli studenti autori dei manifesti, nati nel millennio, confrontandosi per la prima volta col tema della guerra, e con le crude immagini della cronaca, raccolgono ed elaborano la memoria di Guernica e l’eredità di altri artisti e grafici, che, come Albe Steiner, hanno trasferito nelle forme dell’arte il loro impegno civile. Ed è commovente, nei lavori degli studenti, la nuova speranza di pace, che scopriamo anche nella ingenua, ma salutare, necessaria, rimozione di un espressionismo violento, urlato, che era presente nella manualità del Novecento, e che non appartiene alla loro generazione “digitale”. Ad esempio, una studentessa ucraina, autrice di un manifesto, di fronte alla tragedia che la coinvolge direttamente, si rifugia nelle forme floreali di una rassicurante fantasia neoliberty. 

     Oggi, 30 maggio, sul fronte di guerra, nel Donbass, colpito da una scheggia, è morto un altro giornalista: Frédéric Leclerc, 32 anni, francese. Agli eroici narratori di guerra, invano protetti dalla scritta PRESS, propongo sia dedicata questa rassegna di pace. La memoria della loro scrittura troverà, tra i libri e i lettori di una biblioteca, una casa naturale

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